BRUXELLES – Ottava visita in Ucraina dall’inizio della guerra per la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, recatasi nel paese questa mattina per una serie di incontri, fra i quali anche quello con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

All’ordine del giorno, la sicurezza energetica ucraina con l’inverno alle porte, per cui ieri (19 settembre) sono stati annunciati 160 milioni di euro, di cui 60 in aiuti umanitari e 100 in lavori di riparazione e per le energie rinnovabili.

“Ieri ho annunciato un pacchetto di sostegno di 160 milioni di euro, per riparazioni e attrezzature di emergenza invernali. Parte di questo denaro proviene dai proventi dei beni immobilizzati russi nell’Unione Europea. Ed è esattamente questo che dovremmo fare: far pagare alla Russia la distruzione che ha causato”, ha detto von der Leyen in conferenza stampa a Kiev.

In secondo luogo, è stato annunciato un prestito di 35 miliardi di euro da parte della Commissione UE come parte dell’impegno dei Paesi del G7 che, durante il vertice di giugno, avevano deciso di stanziare un totale di 46 miliardi utilizzando i beni immobilizzati russi come garanzia.

“Questo è un enorme passo avanti. Ora siamo fiduciosi che potremo erogare rapidamente questo prestito all’Ucraina, un prestito garantito dai profitti straordinari dei beni immobilizzati russi. Questo prestito fluirà direttamente nel vostro bilancio nazionale, migliorerà la stabilità macro finanziaria dell’Ucraina e vi fornirà uno spazio fiscale significativo. Sarete voi a decidere come utilizzare al meglio i fondi, dandovi la massima flessibilità per soddisfare le vostre esigenze”, ha proseguito la presidente.

Ma come sono andate le cose dopo il vertice del G7 di giugno e dove sono i 46 miliardi?

I Paesi del G7 avevano inizialmente previsto un contributo totale di 46 miliardi: 20 miliardi dall’UE e altrettanti degli Stati Uniti, più altri 6 da Canada, Regno Unito e Giappone.

L’iniziativa ha però incontrato diversi ostacoli: gli Stati Uniti temono che l’Ungheria – stato vicino alla Russia – possa decidere in futuro di esercitare il proprio veto in Europa al momento del rinnovo degli asset – fissato ogni 6 mesi – che può avvenire solo con l’unanimità dei 27 Stati membri UE. Un’azione di questo tipo potrebbe sbloccare i fondi russi e quindi far fallire il prestito, costringendo così gli altri Paesi del G7, ma prevalentemente gli Stati Uniti, a farsi carico dell’intero pagamento promesso, dovendo però attingere al proprio bilancio nazionale.  

Date però le necessità impellenti dell’Ucraina, la Commissione europea ha scelto di accelerare i tempi e di aumentare la propria partecipazione al prestito, passando così da 20 a 35 miliardi, anche nel tentativo di eliminare le preoccupazioni espresse da Washington.


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