Ursula von der Leyen ha quattro settimane per definire la nuova Commissione UE, ma già emerge un problema: il numero di donne nell’esecutivo.
La presidente, in una lettera ai 27 Stati membri, ha chiesto due candidati per paese, un uomo e una donna. Tuttavia, pochi hanno accolto la richiesta. A Palazzo Berlaymont prevale il “no comment”, ma il problema rischia di compromettere la narrazione europea del “girl power”.
Il primo nodo riguarda i commissari uscenti che puntano alla riconferma. I Paesi membri che sostengono il commissario uscente non sono obbligati a proporre entrambi i generi. Finora, i riconfermati sono quasi tutti uomini: Slovacchia (Maros Sefcovic), Lettonia (Valdis Dombrovskis), Francia (Thierry Breton), Olanda (Wopke Hoekstra), Ungheria (Oliver Varhelyi). L’unica donna certa del bis è Dubravka Suica, attuale vicepresidente della Commissione.
Il secondo problema è più complesso: le nazioni che hanno proposto nuovi commissari non hanno rispettato la richiesta di Ursula. Non lo hanno fatto Irlanda (Michael McGrath), Malta (Glenn Micallef), Repubblica Ceca (Jozef Sikela), Slovenia (Tomaz Vesel), Austria (Magnus Brunner) e Grecia (Apostolos Tzitzikostas). Al momento, la futura Commissione prevede solo sei donne: Kallas, Suica, von der Leyen, Teresa Ribera, Jessica Roswall e Henna Virkkunen.
A Palazzo Berlaymont si cerca una soluzione dietro le quinte. I Trattati non impongono quote rosa per i Paesi membri. Inoltre, von der Leyen è preoccupata da un altro dato: nei governi che non hanno ancora deciso, i favoriti sono uomini. Accade in Romania e Lussemburgo, e in Italia con Raffaele Fitto come candidato principale. Il rischio per i governi indecisi è subire un pressing più intenso dalla presidente della Commissione UE. Von der Leyen difficilmente vorrà presentarsi all’Eurocamera a settembre con una dimostrazione di debolezza.
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