(AGENPARL) – Palermo, 02 ott – All’alba di questa mattina, su disposizione del Giudice per le indagini preliminari, i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di n. 2 dipendenti dell’A.M.A.P., la società che gestisce le acque pubbliche del capoluogo siciliano.

I due sono finiti in manette a seguito delle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Palermo, che hanno consentito di accertare come gli stessi avessero intascato i soldi del pagamento delle bollette, manomettendo il sistema informatico di controllo della società allo scopo di non far emergere i mancati introiti, ad oggi quantificati in circa 800.000 euro. Valore, questo, suscettibile di possibili variazioni in aumento, in relazione alle attività di approfondimento tutt’ora in corso.

L’operazione – denominata “Acqua in bocca” – ha preso le mosse dall’esposto inviato alla Procura della Repubblica proprio dai vertici dell’A.M.A.P., a seguito di un controllo interno che aveva fatto emergere alcune irregolarità.

Le Fiamme Gialle, nel corso delle indagini, hanno eseguito un meticoloso e accurato controllo degli ultimi cinque anni di attività contabile dell’azienda (2009-2013), portando immediatamente alla luce gravi incongruenze tra gli importi delle bollette emesse per il consumo di acqua ed il denaro effettivamente incassato. Infatti, a fronte di circa un migliaio di fatture, regolarmente emesse nel periodo in esame, per un ammontare complessivo di quasi un milione di euro, l’AMAP non aveva incassato neanche un centesimo.

In breve tempo il cerchio si è stretto intorno alla figura di Carmelo Di Bella il quale, unitamente al suo diretto superiore, Carlo Fasetti, aveva allestito un semplice quanto efficace sistema di truffa che si sostanziava nell’accettazione di pagamenti in contanti da parte di alcuni utenti e nella contestuale emissione di quietanze di pagamento rivelatesi del tutto fasulle. Una volta incassato il denaro, i due funzionari infedeli procedevano ad alterare i dati nel sistema informatico al fine di occultare ogni traccia della truffa e far risultare come incassato il denaro che, in realtà, finiva regolarmente nelle loro tasche.


Scopri di più da eu24news

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.