E’ bello quando gli anziani raccontano. Quando dai loro ricordi più cari saltano fuori nomi, soprannomi, oggetti, modi di dire, tradizioni scomparse, situazioni ormai in disuso.

Come quella, ad esempio, di fare colazione, nei mesi più freddi dell’anno, con i “paccarieglie”… anzi con i “paccarieglie caùre”.

Maria D’Agnese Magliocca – insegnante in pensione, moglie del compianto Maestro Nicola Magliocca e, come lui, appassionata ricercatrice di storia e tradizioni locali- li ha descritti così all’interno di uno dei suoi tanti racconti sulla vita del Borgo di Gaeta:

“…sorta di sfilatini di farina di mais che venivano mangiati caldi nella prima colazione. Durante i mesi freddi dell’inverno li confezionavano alcune massaie, la mattina molto presto, in modo che fossero pronti per l’ora in cui gli operai andavano al lavoro e i ragazzi a scuola.

I nostri maritozzi dolci!

Dei ragazzotti, arruffati e insonnoliti, reggenti i manici di un grosso cesto, all’ora della colazione, giravano da mare e dalla via, soffermandosi a capo di ogni vicolo, e gridavano: “Paccarieglie caùre, paccarieglie caùre…”

Ed erano effettivamente ancora caldi – racconta ancora la maestra Maria- prudentemente tenuti nel cestone tra panni di lana, per non disperderne il calore.

Mangiati tiepidi, si assaporavano con più gusto e risparmiando, rispetto al pane di farina di frumento.

Insaporiti con due filetti di acciughe e una croce d’olio, erano buonissimi!

Finito il freddo… finivano i paccarieglie”!

…ma quella bontà semplice, grazie ai ricordi dei nostri anziani, arriva ancora intatta per … l’immaginazione! E il profumo dei ricordi, come quello degli affetti, inebria ancora… e scalda, anzi “sazia” di emozione, il cuore.

 

Sandra Cervone


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