LA GIORNATA PER LA CARITA’ DEL PAPA SI SVOLGE DOMENICA PROSSIMA 24 GIUGNO 2012 IN TUTTE LE CHIESE CATTOLICHE

La pratica di sostenere materialmente coloro che hanno la missione di annunciare il Vangelo, perché possano impegnarsi interamente nel loro ministero, prendendosi anche cura dei più bisognosi (cfr Atti degli Apostoli 4,34; 11,29) nasce con lo stesso cristianesimo.

Alla fine del secolo VIII, gli anglosassoni, dopo la loro conversione, si sentirono tanto legati al Vescovo di Roma, che decisero di inviare in maniera stabile un contributo annuale al Santo Padre, così nacque il “Denarius Sancti Petri”, Elemosina a San Pietro, che ben presto si diffuse nei Paesi europei.

Questa, come altre pratiche analoghe, passò attraverso molte e diverse vicissitudini nel corso dei secoli, fino a quando fu benedetta dal Papa Pio IX, con l’Enciclica Saepe venerabilis del 5 agosto 1871.

Attualmente, questa colletta ha luogo in tutto il mondo cattolico, per lo più il 29 giugno o la domenica più vicina alla Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

E infatti domenica prossima 24 giugno, nell’imminenza della solennità dei Santi Pietro e Paolo, si celebra la Giornata per la Carità del Papa, promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana in collaborazione con l’Obolo di San Pietro e con il sostegno di Avvenire, dell’Agenzia Sir, di Radio In Blu, di Tv2000 e dei settimanali della FISC. 
In tutte le chiese in cui si celebra l’Eucaristia saranno raccolte offerte che il Santo Padre destinerà liberamente alle sue opere di carità portando nel cuore, come pastore della Chiesa universale, le necessità del mondo intero. 
S
ottolinea il Segretario Generale della CEI S. E. Mons. Mariano Crociata: “Il vincolo che ci lega al successore di Pietro è profondissimo: il sostegno economico alle attività del suo ministero di pastore della Chiesa universale concretizza e rende manifesto questo legame. Dove ci sono popolazioni colpite da una calamità, dove vengono realizzate opere sociali e assistenziali a vantaggio dei più fragili, dove viene rilanciato l’impulso a iniziative di promozione umana, lì il Santo Padre è presente e lì vogliamo essere anche noi, al suo fianco. Domenica abbiamo tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità, l’opportunità di concretizzare questo desiderio”.
Nel primo anno del suo pontificato, Papa Benedetto XVI nel Discorso ai Soci del Circolo di San Pietro, il 25 febbraio 2006, ha voluto sottolineare il particolare significato dell’Obolo: “L’obolo di San Pietro è l’espressione più tipica della partecipazione di tutti i fedeli alle iniziative di bene del Vescovo di Roma nei confronti della Chiesa universale. E’ un gesto che ha valore non soltanto pratico, ma anche fortemente simbolico, come segno di comunione col Papa e di attenzione alle necessità dei fratelli; e per questo il vostro servizio possiede un valore squisitamente ecclesiale”

Il valore ecclesiale di questo gesto appare considerando come le iniziative di bene sono connaturali alla Chiesa, come il Papa ha indicato nella sua prima Enciclica Deus caritas est (25 dicembre 2005): “La Chiesa non può mai essere dispensata dall’esercizio della carità come attività organizzata dei credenti e, d’altra parte, non ci sarà mai una situazione in cui non occorra la carità di ciascun singolo cristiano, perché l’uomo, al di là della giustizia, ha e avrà sempre bisogno dell’amore” (n. 29).

Si tratta di un aiuto che è sempre animato dall’amore che viene da Dio:

E’ perciò molto importante che l’attività caritativa della Chiesa mantenga tutto il suo splendore e non si dissolva nella comune organizzazione assistenziale, diventandone una semplice variante”(…) “Il programma del cristiano – il programma del buon Samaritano, il programma di Gesù – è ‘un cuore che vede’. Questo cuore vede dove c’è bisogno di amore e agisce in modo conseguente” (ibidem, n. 31).

Attenzione per l’Obolo come forma del sostegno dei credenti al ministero dei successori di San Pietro al servizio della Chiesa universale era già stata espressa dai Pontefici precedenti, così, ad esempio, si era espresso Il Santo Padre Giovanni Paolo II al Circolo San Pietro il 28 febbraio 2003: “Vi sono note le crescenti necessità dell’apostolato, i bisogni delle Comunità ecclesiali specialmente in terra di missione, le richieste di aiuto che giungono da popolazioni, individui e famiglie che versano in condizioni precarie. Tanti attendono dalla Sede Apostolica un sostegno che spesso non riescono a trovare altrove. In quest’ottica, l’Obolo costituisce una vera e propria partecipazione all’azione evangelizzatrice, specialmente se si considerano il senso e l’importanza di condividere concretamente le sollecitudini della Chiesa universale”. 

Le offerte dei fedeli al Santo Padre sono destinate alle opere ecclesiali, alle iniziative umanitarie e di promozione sociale, come anche al sostentamento delle attività della Santa Sede. Il Papa, come Pastore di tutta la Chiesa, si preoccupa anche delle necessità materiali di diocesi povere, istituti religiosi e fedeli in gravi difficoltà (poveri, bambini, anziani, emarginati, vittime di guerre e disastri naturali; aiuti particolari a Vescovi o Diocesi in necessità, educazione cattolica, aiuto a profughi e migranti, ecc.).

Nella Lettera del Santo Padre Giovanni Paolo II al Cardinale Segretario di Stato, 20 novembre 1982, viene evidenziato che il criterio generale che ispira la pratica dell’Obolo si richiama alla Chiesa primitiva: “La base primaria per il sostegno della Sede Apostolica deve essere costituita dalle offerte date spontaneamente dai cattolici di tutto il mondo, ed eventualmente anche da altre persone di buona volontà. Questo corrisponde alla tradizione che ha le sue origini nel Vangelo (Lc 10,7) e negli insegnamenti degli Apostoli (1 Cor 9,11)”  

 

 


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