Montezemolo e la sua Italia futura, i ciellini orfani di Berlusconi e Formigoni, i cattolici di Todi e l’Udc di Casini. Le formazioni centriste puntano a un movimento guidato dal professore per ritrovare l’unità. Ma il premier non ha ancora benedetto nessuna lista

Fonte espresso

Sarà un tormentone, tanto vale prepararsi. Attesa, auspicata, temuta: una futuribile lista elettorale ispirata dal presidente del Consiglio che sconquasserebbe i già fragili equilibri della politica italiana. Il fantasma della lista Monti è sembrato già prendere corpo qualche settimana fa quando si è scoperto che qualcuno aveva registrato il marchio con la scritta Lista Monti. A prendere l’iniziativa è stato uno sconosciuto, Celestino Ciocca, e il suo atto sarebbe rimasto una pura curiosità. Se non fosse per un dettaglio: Ciocca ha studiato nel collegio dei Cavalieri del lavoro di Roma, circolo riservato e ambito, 70 posti l’anno per i primi della classe. Un club esclusivo in cui si conoscono tutti: lo stesso in cui, qualche anno dopo, si è formato Federico Toniato, fino a nove mesi fa oscuro funzionario del Senato, oggi vero braccio destro del premier, la sua ombra, onnipresente negli appuntamenti pubblici e negli incontri più delicati, “il padre Georg di Monti”, lo chiamano per il cattolicesimo e per la solerzia con cui sussurra suggerimenti all’orecchio del premier.

Il link tra Ciocca e Toniato appare forzato, ma tanto basta a risvegliare l’entusiasmo di chi tifa per la nascita di una lista Monti. Perché l’eventualità, per alcuni, è un progetto che riaccende passioni. In altri casi è una disperata necessità, una scialuppa di salvataggio, una zattera per sopravvivere.
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Indipendenti per l’Italia, si autodefiniscono i firmatari dell’appello in preparazione che ha l’obiettivo di «continuare con l’esperienza del governo Monti per risanare il Paese». Firmato da giornalisti (Paolo Mazzanti, Ernesto Auci, ex direttore del “Sole” e poi amministratore delegato de “La Stampa”), economisti (Stefano Micossi, Massimo Lo Cicero), filosofi (Sebastiano Maffettone), sociologi (Guido Bolaffi). «Ci vuole un nuovo impegno di cittadini finora non coinvolti direttamente in politica, sull’esempio di Monti», si legge nel documento, «per evitare scelte avventurose e proseguire sul percorso tracciato da questo governo».

Un’iniziativa in sintonia con il manifesto “Fermiamo il declino” lanciato la settimana scorsa dal giornalista Oscar Giannino, con la richiesta di «una nuova forza politica completamente diversa dalle esistenti», sottoscritto da una combattiva pattuglia di economisti liberisti (Luigi Zingales, Alessandro De Nicola, Michele Boldrin, Alberto Mingardi) e dal board di Italia Futura al gran completo: Andrea Romano, Carlo Calenda, Nicola Rossi, Federico Vecchioni e Irene Tinagli. Orfani di leader. La settimana scorsa, infatti, il presidente dell’associazione Luca Cordero di Montezemolo ha finalmente ammesso che lui non ha nessuna voglia di candidarsi alle elezioni politiche, scatenando una mezza rivolta tra i quadri regionali del “partito dei Carini” che in periferia si stavano attrezzando per la sfida elettorale. Tutto da rifare, dopo mesi di sondaggi mirabolanti, con la lista di mister Ferrari spacciata al 20 per cento e oltre. Negli stessi giorni Montezemolo ha bussato alla porta di Monti per assicurare che, nel caso, le truppe di Italia Futura potrebbero trasformarsi nell’ossatura del partito del premier. O di una possibile lista organizzata da Giannino, con un’altra ex presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, a fare da richiamo.

Il problema – costruire un contenitore per le prossime elezioni in grado di riunire la Diaspora (montiani, post-montiani, montezemoliani, liberisti, berlusconiani delusi, democratici anti-bersaniani…) – è ben presente nell’altra area che da tempo annuncia la nascita di un nuovo soggetto politico, un verbo che da anni non riesce a farsi carne. Le associazioni cattoliche che si sono riunite a Todi quasi un anno fa, con la benedizione del presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco e con l’aggiunta di new entry dal mondo laico e finanziario, come l’allora banchiere Corrado Passera, oggi ministro dello Sviluppo e crocevia di ogni manovra centrista. Un nuovo incontro, annunciato per fine luglio, è stato annullato: troppe divisioni interne. Ci si riproverà a settembre. Al pacchetto di mischia composto da Cisl (Raffaele Bonanni), Acli (Andrea Olivero), Confartigianato, Confcooperative, Coldiretti e Mcl (il leader Carlo Costalli è il più smanioso di visibilità e di candidature) si sta per aggregare la superpotenza ciellina. La


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