(com/) «L’accanimento giudiziario è un serio ostacolo alla ricerca della verità. Dalla prima sentenza passata in giudicato sulla strage di Bologna del 1995 a oggi su questa tragica vicenda si sono andati accumulando più dubbi che certezze. A cominciare proprio dal ruolo dell’allora procuratore di Bologna Ugo Sisti il quale, 24 ore dopo l’attentato, decise di rifugiarsi presso la famiglia Bellini alla Mucciatella, appena fuori Reggio Emilia, e quella notte tra il 3 e il 4 agosto 1980 chiese ad Aldo Bellini di richiamare d’urgenza il figlio che era al passo del Tonale con la moglie, i figli piccoli e la nipote Daniela, per chissà quale impellente motivo. Queste circostanze sono state più volte sollevate dall’ex latitante reggiano Paolo Bellini e richiamate nelle sue ultime lettere, nelle quali annuncia una auto inflitta eutanasia, rifiutando cure, acqua e cibo, come estremo e disperato atto di difesa contro i propri persecutori».
È quanto dichiara l’avvocato Valter Biscotti, coordinatore del neo costituito Comitato “Tutta un’altra storia”, composto dal giornalista Gian Paolo Pelizzaro, dallo studioso e ricercatore Gabriele Paradisi e dall’avvocato e saggista Valerio Cutonilli. «La scena del crimine, cioè della strage, si è subito trasformata in un campo di battaglia politico-ideologico e questo ha di fatto impedito la ricerca della verità, prediligendo impianti accusatori “indiziari” a senso unico che, processo dopo processo, non hanno fatto alto che far emergere nuovi interrogativi, come ad esempio l’inspiegata presenza in stazione del terrorista tedesco delle Cellule Rivoluzionarie e legato al gruppo Carlos, Thomas Kram, il quale mesi prima, esattamente il 22 febbraio 1980, si era trovato nello stesso albergo a Bologna proprio con Paolo Bellini. Siamo sicuri che le varie condanne siano state comminate oltre ogni ragionevole dubbio?».
«La mancanza di serenità unita ad una visione ideologica, distorta e faziosa dei fatti non ha mai giovato alla ricerca della verità. Tutte le condanne fino a oggi emesse sulla strage di Bologna sono figlie di questo scenario, nel quale si è preferito costruire aprioristicamente un castello accusatorio piuttosto che perseguire una ricostruzione dei fatti oggettiva e obiettiva. La lapide in cui è incisa nel marmo l’affermazione “vittime del terrorismo fascista” costituisce un inquietante esempio del metodo adottato: venne collocata e inaugurata nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna il 1 agosto 1981, ben sei anni prima della prima condanna a carico degli ex NAR Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e degli altri esponenti dell’estrema destra, e ben quattordici anni prima della sentenza definitiva. Ciò dimostra come il castello accusatorio precedeva e anticipava ogni accertamento obiettivo dei fatti. Sono ancora troppi i dubbi e i lati oscuri emersi dei vari processi sui fatti del 2 agosto 1980, come la sparizione del corpo della giovane mamma di Montespertoli Maria Fresu e la scomparsa del cadavere della giovane donna a cui l’esplosione strappò un lembo di volto. Per questo riteniamo che si debba azzerare tutto e ricominciare dall’inizio, serenamente e senza pregiudizi, con la speranza di poter fare finalmente chiarezza non solo su Bologna, ma anche su Ustica».
Scopri di più da eu24news
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.


Devi effettuare l'accesso per postare un commento.