Con il giorno delle Ceneri inizia la Quaresima, tempo di penitenza e di preparazione alla Santa Pasqua. Dal libro “Usi e Costumi del Popolo Gaetano” di Nicola Magliocca (Edito dal Centro Storico Culturale “Gaeta” nel 1994) apprendiamo – in modo dettagliatissimo- come la nostra città era solita vivere questi “eventi”. Ovviamente nei tempi che furono…

Il paragrafo del Maestro Magliocca inizia con alcuni versi in dialetto:

Quaraéseme longhe e téseche,

e chi t’ha ntussecate?

E glie ruoccheglie de rape

e glie ruoccheglie de fonte,

Quaraéseme s’arravoglie.

S’arravoglie alla funicelle,

Quaraéseme la poverelle.

Poche pennellate per descrivere un lungo periodo di sacrifici e astinenze simboleggiato, fra l’altro, da un fantoccio che, dal giorno delle Ceneri appunto, veniva appeso a uno spago che, da una finestra di un caratteristico vicolo di via dell’Indipendenza, arrivava fino alla finestra di fronte.

Se ne vedevano diversi “apparire” qua e là, per vie e contrade. Richiami-simbolo per una comunità che aveva bisogno di riti collettivi per scandire il tempo e rafforzare il senso di appartenenza.

 “Il fantoccio -scrive Magliocca- rappresenta una vecchia: la Quaresima. Con lei sono legati quaranta gusci di uovo che verranno tolti uno al giorno fino alla domenica delle Palme. Al posto dei gusci c’è anche chi usa porre una patata con sei penne infisse da togliere una ogni settimana. Sono le donne più attempate -continua Nicola Magliocca- ad interessarsene, fedeli alle tradizioni che vanno scomparendo”.

La Quaresima, comunque, non era soltanto “lunga” ma anche “faticosa” ovvero piena di impegni e di lavori domestici per le massaie.

Bisognava, infatti, fare le pulizie de Pasche ovvero quelle generali di tutta la casa: spostare mobili, spolverare soffitti e pareti, imbiancare con la calce disinfettante, lucidare utensili di rame, lavare ovunque, a pizze de scope, sia dentro che fuori casa. E, nelle chiese, i sacerdoti raccomandavano la “pulizia del cuore” quindi a ricorrere al sacramento della riconciliazione prima delle celebrazioni di Pasqua, per essere “immacolati” nel giorno della Resurrezione.

Ma non solo: bisognava fare provviste di farina, uova, zucchero, essenze per liquori, confettini, anicini e tutti gli ingredienti per i dolci di Pasqua e per il pane della festa.

Una massaia non era certo esonerata dal pio esercizio della Via Crucis e quindi, ogni venerdì pomeriggio, doveva recarsi in parrocchia o presso il santuario del Crocifisso (Montagna Spaccata) per rivivere la Passione del Signore.

Dal giorno delle Ceneri,insomma, la comunità era impegnata a prepararsi sia spiritualmente che praticamente alla “maggior festa della Cristianità: la Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo”. Tra simboli, pratiche, tradizioni, mescolanze di riti antichi e devozioni, la Quaresima era vissuto come tempo propizio di purificazione generale. Di rinascita. Pulizia delle case e dei vicoli ma anche del cuore attraverso la memoria continua del “viaggio dolorosissimo di Gesù” verso la croce. Nelle cerimonie celebrate nel Duomo -conclude Magliocca- valenti predicatori a scuotevano le coscienze dei fedeli, invitando alla penitenza e alla conversione.

Per essere poi figli degni del Padre. Ma anche cittadini onesti ed operosi per il bene comune.

Sandra Cervone

 


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