E’ in via di completamento in via Marina di Serapo l’opera di Agostino Iacurci, il primo dei quattro artisti invitati a lasciare il proprio segno nell’ambito della manifestazione <Urban Art>, curata dall’associazione Turismo Creativo con il Comun1e di Gaeta.
 Agostino Iacurci:
Il suo suo “gusto” pittorico è mutuato dal mondo dell’illustrazione, portato fuori dai soliti contesti attraverso lo strumento della pittura “da muro”. Agostino Iacurci è il primo artista dei quattro impegnati nella manifestazione “Urban Art”, ideata da Davide Rossillo con l’apporto dell’associazione “Turismo Creativo”. Dopo l’invito ad “aprirsi” all’arte dell’artista “Sbagliato”, con le sue finestre in cartone ed altri tipi di campionamenti architettonici riconoscibili sui muri della città e l’inaugurazione della Memorie Con-Temporary Gallery, la “Street Art”, rivisita come avviene ormai in tutto il mondo, il contesto dell’asfalto e del cemento, insinuandosi nel cuore del quartiere di Serapo. Sulle superfici esterne del palazzetto dello sport di via Marina di Serapo campeggia ora una sua originalissima creazione. Guanti sporchi di pittura ed un carrello per raggiungere le superfici più alte, Iacurci utilizza pitture al quarzo ed a tempera, che spalma impiegando pennelli e rulli di varia dimensione.
Che differenza c’è con il modo dell’illustrazione?
“L’immagine non commenta ed amplia uno scritto, ma potrebbe in questo caso generare dei racconti. Carpisco degli elementi a secondo del luogo in cui vado e creo delle immagini che possano instaurare una sorta di dialogo con chi vi entra in contatto”.
Perchè compaiono spesso figure umane nei tuoi lavori?
“Prediligo le figure umane, mi interessa l’uomo, i suoi diversi aspetti e gli interrogativi che possano generare. Mi interessa l’aspetto narrativo che ognuno vi legge: ognuno è libero di interrogarsi sulla presenza di una figura in un determinato contesto, creando nella propria mente un racconto tutto personale”
Spesso si associa forzosamente la “Street art” ad una forma di contestazione. È così?
“Più che un lavoro di denuncia il mio è un lavoro di dialogo. Non ho grandi messaggi da lanciare, ma recupero la dimensione umana, stimolando la fantasia. Mi piace pensare che nelle mie realizzazioni ci sia un margine di intervento dello spettatore. Per questo ho scelto un linguaggio così familiare, proveniente dalle arti minori”.
Iacurci è reduce da un festival di Arte Urbana in Svizzera, nei prossimi mesi sarà impegnato a trasmettere la sua vena artistica in diverse strade d’europa. Ma di “arte” nella sua modestia, non vuole sentir parlare. “Non so se questa sia arte, o se verrà in futuro riconosciuta come arte contemporanea. Per me è solo un lavoro”.

 

Classe 1986, Agostino Iacurci si trasferisce presto a Roma dove vive e lavora, facendo la spola con Norimberga, in Germania. Ha studiato Illustrazione e Animazione Multimediale presso Officina B5, scuola di illustrazione di Roma e Grafica d’ Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Divide la sua creatività fra illustrazione editoriale ed i murales, l’incisione e la scenografia. Come illustratore collabora con realtà nazionali ed internazionali, case editrici, agenzie pubblicitarie, aziende, riviste e studi di animazione. Dal 2008 realizza interventi di arte pubblica tra cui due grandi murales per l’ Università Roma 3 e l’ Asl Prenestina di Roma. Ha realizzato un intervento su un muro di 300 metri per la scuola Saba in Algeria e dal 2010 è assistente alle tesi di laurea in Illustrazione ed Animazione Multimediale allo Ied, Istituto Europeo di Design e collabora come docente di illustrazione con Officina B5. Sempre nel 2010 è stato selezionato per la mostra degli illustratori di Bologna Chidren’s Bookfair. I suoi lavori sono stati esposti in numerose mostre e festival in Italia, Giappone, Corea, Taiwan, Russia e Stati Uniti. Nel 2011 ha preso parte al progetto “Rebibbia on the wall” realizzando, con il contributo dei detenuti, due grandi murales all’interno dei passeggi del reparto di massima sicurezza del carcere di Rebibbia un murales sulle mura di cinta interne del carcere di Rebibbia con il contributo dei detenuti.


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