L’altra sera, intorno alle 20, mentre passeggiavo in centro, le mie orecchie sono state investite dallo sgradevole gracchiare di una voce umana che imitava molto da vicino lo starnazzare delle anatre.

Compresi che si trattava di un comizio e decisi di avvicinarmi al palchetto allestito in Piazza Roma e fui quindi in grado di riconoscere l’oratore. Dopo un minuto fu la volta di un altro oratore anch’esso a me noto: entrambi consiglieri comunali uscenti.

Ad ascoltare il comizio c’erano poco più di una trentina di persone, quasi tutti amministratori o aspiranti tali.

Non so perchè, ma mi venne da pensare che sarebbero bastate cinque tielle per sfamarli tutti.

Come anche, chissà perchè, mi ritornò alla mente uno degli appellativi con il quale si indicava Raimondi cinque anni fa: il messia. Seguendo questo filo dei miei pensieri pensai che forse alla fine qualche miracolo, il Messia, l’ avesse fatto: era riuscito a dar la voce alle sue marionette! Le stesse che in cinque anni non sono state in grado di fornire un pensiero critico su quel poco che si è deliberato.

Contemporaneamente riflettevo e mi domandavo se fosse riuscito a dotare le marionette anche di un poco di cervello in modo da permettergli di esibire un minimo senso del pudore.

Dopo pochi istanti la mia curiosità venne esaudita: prese la parola il capo comico che forse, avendo notato tra il pubblico qualcuno oggi candidato in un altro schieramento, invece di illustrare i miseri risultati della sua inutile presenza nel consiglio comunale di Gaeta, non avendo argomenti da proporre, ha ritenuto opportuno iniziare a sbraitare istericamente, alludendo a coloro che avevano avuto il coraggio di dire a Raimondi e alla sua giunta che amministrativamente erano degli incapaci.

Nel corso del suo delirio invitava “le cinque tielle” a non votare per coloro, che a suo dire, erano delle banderuole, omettendo di dire che l’amministrazione di cui fa parte è retta da due autentiche banderuole e che proprio il capo della sua amministrazione è colui il quale avrebbe per primo abbandonato la nave solo se la porta di qualcuno dei partiti politici, da lui oggi denigrati, si fosse aperta alle sue brame.

A sbraitare, come se qualcuno in quel preciso istante gli stesse torcendo i famosi attributi che, negli uomini veri si trovano nelle parti basse. Ahimè era solo un replicante, un nano di corte atto solo a compiacere il suo padrone che già gli aveva concesso il dono della parola.

 

Alfredo Vecchio

 

 


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