E’ il 2 giugno del ’63 e nella città vecchia si festeggiano i Santi Patroni.

La gente per l’occasione  tira fuori il vestito più bello. L’allegria sommerge le piazzette,  insieme a una baraonda di suoni e bancarelle. L’aria è pregna dell’odore di torrone, nocelle e naftalina.

Civitina è scesa in piazza con il suo vestito nuovo, i capelli colore “case e ova” lavati e cotonati all’insù, le scarpe nuove, un poco strette. “Ma tanto poi s’allargano”, dice all’amica che la vede zoppicare. Entrambe hanno un po’ esagerato col trucco : uno strato di cipria  sulle guance di rosso imbellettate e una generosa spennellata di azzurro sugli occhi. Tanto è festa! Se non oggi, quando?

 

Nella piazza Rasimino e Montanino, membri storici del Comitato organizzatore, corrono eccitati avanti e indietro, indaffarati a risolvere non si capisce bene quali problemi organizzativi.

In attesa del rientro della processione dei Santi Patroni, soldati in libera uscita sparano al tiro a segno speranzosi di vincere una bottiglia di spumante o un orsacchiotto da regalare a qualche ragazza.

La processione sta ritornando annunciata da lontano dalle prime note di una marcia eseguita dalla rinomata banda di Papariello. La sfavillante divisa nuova,  molto simile a quella dei vigili urbani, non fa passare inosservata l’immancabile stecca di un clarinetto di prima fila, che legge un do invece che un mi bemolle. E’ subito ammonito dallo sguardo accigliato del Maestro che gli rimprovera le assenze alle “prove”. “Io il giorno devo dormire, tu lo sai che io faccio ‘o furnaro e fatico ‘a notte!”, risponde con gli occhi l’autore dell’involontario errore.

 

Le statue pesanti portate a spalla precedono il corteo con in testa signori devoti per un giorno, autorità militari ed eleganti politici in prima fila col sorriso falso e irritante delle mogli in bella mostra. Dietro c’è la “gente”.

C’è il fedele sincero e chi invece è in cerca di una miserevole visibilità. Non mancano quelli che parlottano tra loro su argomenti che nulla hanno a che vedere con santi e processione.

Al bordo della strada un bambino stanco piange. La madre lo ammonisce e lo tira per un orecchio… ma il bambino piange più forte.

La processione è passata . “ Altro giro altra corsa…” grida il giostraio, intanto che la giostra gira, gira, gira sempre più forte, con i suoi cavalli bianchi di cartapesta e le grida provenienti dal calcinculo, mentre dalla pista di ferro delle macchine a tozza tozza si sparano a palla gli ultimi successi discografici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Diana e Ogni giorno di Paul Anka, It now never di Elvis Presley (che altro non è che “o sole mio” versione inglese), Adriano Celentano con Stai lontana da me e Preghero’, il partenopeo Peppino Di Capri che ripropone i vecchi successi napoletani ma anche Don’t play that song , Mina con Il cielo in una stanza e Nico Fidenco con What a sky  sono la colonna sonora della festa che si spande per tutta la piazza.

Sui bordi della pista delle macchine tozza tozza divoratori di semi salati e “nucelline americane” aspettano il turno quasi lottando per accaparrarsi una delle colorate macchinine.

Si ride e si scherza, lo zucchero filato incollato al viso. Nascono i primi amori.

“Altro giro, altra corsa”.

Poco distante due giovani volano alti su finti aerei per una finta guerra.

Qualcuno si esibisce al “Pugno al pallone” altri al “martello” per esibire la forza dei propri muscoli.

I ragazzi sfoggiano orgogliosi i nuovi blue jeans Wrangler o Together. La camicia a quadretti stretta in vita e le maniche corte arrotolate per mettere in mostra i “muscoli”. Con la Camel tra le labbra: sono pronti all’abbordaggio, come si chiamava allora il primo approccio con una ragazza.

 

Le ore passano veloci nel rincoglionimento generale. E’ sera, l’orchestra è pronta sul palco a cupola ubriacato di luci pacchiane per il già palloso concerto sinfonico – operistico.

Via di corsa verso il palco della musica … e tra  lampade e lampadinelle, eccolo! E’ lui …

“il cantante”, col suo elegante smoking  ed il suo “moderno” repertorio!

Applausi dei vecchi e fischi dei giovani s’intrecciano con espressioni  di disappunto:

stu cazz’ ‘e comitato!…”

 “Cacciate ‘e sorde!” risponde Mario L’Emporio, membro del comitato.

 

E’ mezzanotte, finalmente! I primi colpi, i primi fuochi d’artificio, i primi luccichii nel cielo buio davanti all’Annunziata…

Carmelina con le mani alle orecchie e poi colpi sempre più frequenti e forti.

Cinque, sei, venti, cento colpi. Il cielo è tutto un miscelarsi di colori. E poi, l’ultimo botto…

A cresommela finale!

“Altro giro altra corsa” …  grida intanto sulla piazza lo speaker che invita alle ultime corse.

 

Pian piano la gente se ne va … Giannino prende sotto braccio sua moglie aiutandola a camminare mentre anche la signora Elvira  si avvia verso le “21 scale” portandosi dietro la “seggiarella” sulla quale ha assistito al concerto operistico.

 

Anche Peppino se ne va  con la sua andatura lenta e dondolante,  la sua nuova camicia bianca macchiettata di rosso-ragù,  la giacca sul braccio e l’immancabile basco in testa  (nonostante  il caldo).  Dietro di se una scia di odor di naftalina… a lui piace la “festa” .

 

“Ultimo giro ultima corsa …”  E’ la voce ormai stanca e moscia dello speaker del luna park…

 

Ora non c’è più nessuno, è tardi, sono quasi le due del mattino!

 

Solo più giovani sono radunati sugli scogli come al solito. Per loro la festa ancora non è finita. C’è Enzino con l’inseparabile chitarra che accompagna il fratello Ettorino che canta Passion Flowers,  con un improvvisato coro degli amici presenti.

Poco lontano, un altro gruppo si diverte con le barzellette raccontate e recitate da Piero.

E mentre le ultime luci si spengono, dal trampolino posto all’angolo della banchina, si assiste, tra gli applausi dei presenti, al tradizionale tuffo-panciata di “Ciattino a mare cu’ tutti panni!

“Nuovo giro nuova corsa” .

 

Per quest’anno la festa è finita…

 

il 3 Giugno del 63, dopo una malattia di qualche settimana, alle 19:49 muore Giovanni XXIII.

 

 

UNO


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