Roma – (eu24news.eu) – L’ombra di una nuova guerra commerciale torna a scuotere l’economia globale. Con la scadenza della tregua tariffaria fissata per il prossimo 9 luglio, il rischio di un’escalation tra Stati Uniti, Cina e Unione Europea si fa concreto. A lanciare l’allarme è un’analisi basata su simulazioni condotte dall’Oxford Economics, che ipotizza gli effetti dei dazi minacciati da Donald Trump: nel peggiore dei casi, si parla di 4,5 milioni di posti di lavoro persi nel mondo, di cui un milione in Europa e 100mila solo in Italia.
Secondo il rapporto, pubblicato nei giorni scorsi, il danno complessivo per il nostro Paese potrebbe toccare i 44 miliardi di euro, pari a 1,7 punti percentuali del Pil. Il conto più salato arriverebbe in caso di dazi al 20% tra Usa e Ue, al 25% con Canada e Messico e fino al 140% con la Cina.
I numeri della crisi globale
Due gli scenari analizzati. Nel primo, che presuppone il mantenimento dell’attuale livello di scambi senza nuove barriere tariffarie, il Pil mondiale continuerebbe a crescere a un ritmo del 3% nel 2025 e nel 2026. Nel secondo, invece, l’imposizione di dazi generalizzati provocherebbe un rallentamento globale: -1% di crescita nel 2025 e -2% nel 2026, con una perdita cumulata di 4mila miliardi di dollari. Solo gli Stati Uniti pagherebbero un tributo di circa 1.800 miliardi.
Il caso Italia: occupazione a rischio
Per l’Italia, altamente esposta sui mercati internazionali, le conseguenze sarebbero particolarmente gravi. La perdita di 100mila posti di lavoro colpirebbe soprattutto i settori manifatturieri e dell’export, già provati da rallentamenti congiunturali. Nonostante la resilienza dimostrata dalle imprese italiane nella diversificazione dei mercati, il ritorno a un protezionismo aggressivo ridurrebbe la competitività, penalizzando, ancora una volta, soprattutto le PMI.
Mercati in controtendenza, ma cresce il rischio bolla
Mentre le analisi macroeconomiche avvertono sulle possibili ricadute sistemiche, i mercati finanziari sembrano ignorare i segnali di allarme. Le Borse, in particolare quelle statunitensi, restano sui massimi. Ma gli esperti avvertono: il rischio bolla è reale, alimentato anche da strumenti finanziari non regolamentati e da un’espansione incontrollata delle criptovalute.
L’Europa tra dazi e concorrenza asiatica
Il fronte europeo non è esente da minacce. Mentre si cerca un compromesso con Washington per evitare nuove barriere, cresce la preoccupazione per le ripercussioni indirette derivanti dalla svalutazione dello yuan. Secondo alcune analisi, le esportazioni cinesi non dirette verso gli Usa potrebbero essere dirottate verso l’Europa, acuendo la pressione sui mercati comunitari.
Una possibile via d’uscita: il compromesso al 10%
Nelle ultime ore, indiscrezioni da Bruxelles parlano di un possibile compromesso con gli Stati Uniti su un tetto massimo del 10% alle tariffe reciproche. Un’ipotesi che, se confermata, ridurrebbe sensibilmente i danni, ma non eliminerebbe l’incertezza. Il rischio resta quello di una frammentazione del commercio globale, che rischia di indebolire il mercato unico europeo e aggravare la già fragile stabilità macroeconomica.
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