Bruxelles (eu24news.eu) – Il tema dell’energia resta uno dei nodi più critici per l’Europa e, in particolare, per l’Italia. Nel mese di luglio, il Prezzo Unico Nazionale (PUN) si è attestato a 113,3 euro per megawattora, ben oltre i 90 euro della media UE. Un divario che si traduce in bollette più care per famiglie e imprese e che rende il nostro Paese il fanalino di coda tra i grandi partner europei.
Il confronto internazionale è impietoso. L’Italia paga oltre 20 euro in più rispetto alla Francia, 40 in più rispetto alla Spagna e addirittura quattro volte il costo registrato in Svezia. La Germania resta più vicina ai nostri livelli, ma con un quadro meno gravoso grazie a un mix energetico più bilanciato. Alla radice c’è un problema strutturale: la dipendenza dal gas naturale. In Italia quasi il 45% della produzione elettrica proviene da questa fonte, contro il 15% tedesco, il 17% spagnolo e appena il 3% francese, dove il nucleare garantisce prezzi più stabili. La conseguenza è che il meccanismo europeo di formazione dei prezzi (che lega il costo dell’elettricità all’impianto più costoso necessario a soddisfare la domanda) penalizza in modo particolare il nostro Paese. Quando il gas aumenta, l’intero sistema elettrico italiano ne subisce le conseguenze in maniera sproporzionata.
Ma non è solo una questione interna. Sul fronte geopolitico, Bruxelles ha deciso di accelerare lo sganciamento dall’energia russa. La Commissione Europea ha proposto un regolamento che vieta i nuovi contratti di importazione di gas russo dal 1° gennaio 2026, blocca quelli spot entro l’estate dello stesso anno e punta a chiudere definitivamente i contratti a lungo termine entro il 2027, massimo inizio 2028. L’obiettivo è chiaro: portare a zero la quota di gas proveniente da Mosca, che nel 2021 copriva il 45% delle forniture europee e che oggi è scesa sotto il 20%. Un passaggio storico, che rientra nella cornice del piano REPowerEU: un progetto ambizioso per rafforzare l’indipendenza energetica europea, sviluppare alternative come biometano, idrogeno pulito ed elettrificazione e ridurre la vulnerabilità dei mercati comunitari alle pressioni esterne. Tuttavia, non mancano ostacoli: dalle resistenze di alcuni Stati membri più dipendenti dal gas russo, alle lentezze burocratiche, fino alle tensioni politiche che potrebbero rallentare la transizione.
Per l’Italia, questa prospettiva europea rappresenta una speranza e al tempo stesso una sfida. Speranza, perché lo sganciamento dal gas russo potrebbe contribuire ad abbassare nel medio periodo la volatilità dei prezzi che tanto pesa sulle bollette italiane. Sfida, perché senza un’accelerazione decisa sulle rinnovabili e senza un serio dibattito sulle altre fonti — dal nucleare di nuova generazione al potenziamento delle reti — il rischio è che la distanza dai nostri partner rimanga inalterata. Il dato di oggi è chiaro: l’Italia resta la maglia nera dell’energia europea, e a pagare il prezzo più alto sono famiglie e imprese. Ma le scelte di Bruxelles, se tradotte in atti concreti e accompagnate da politiche nazionali coerenti, potrebbero rappresentare la prima vera occasione di riscatto.
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