Strasburgo – Oggi al Parlamento europeo, nel corso del seminario per il premio Daphne Caruana Galizia per il giornalismo investigativo, è intervenuto in video collegamento Roberto Saviano, espressosi, fra i vari argomenti, anche sul recente caso di attentato alla vita del giornalista e conduttore di Report Sigfrido Ranucci.

“Fare un attentato a un giornalista negli anni 80, negli anni 90 e nei primi anni 2000, un attentato non mortale, significava rafforzarlo, perché gli dava una centralità di attenzione, di importanza. Negli ultimi 50 anni, quando si uccideva un giornalista, l’operazione era molto delicata perché significava spingere le procure, quindi la magistratura, a indagare su quanto avevano scritto. Tanto è vero che in Italia, quando la Camorra uccide Giancarlo Siani, stiamo parlando della fine degli anni 70, ha necessità di delegittimarlo immediatamente, perché non vuole che ci sia attenzione sulla sua pratica giornalistica. Quindi, oggi, quando viene fatto l’attentato a Sigfredo Ranucci, perché chi l’ha commesso non si è reso conto che così lo ha rafforzato, che verrà invitato ovunque, perché adesso non gli possono cancellare la trasmissione. Sapete perché non ha fatto questo ragionamento? Perché oggi questo ragionamento non è più così vero. Oggi puoi essere attaccato, ricevere la solidarietà di tutti, ma tra un mese essere di nuovo portato in tribunale, essere dossierato per qualche questione personale ed essere messo da parte sul piano professionale se qualcosa non funziona rispetto ai governi e ai poteri”, ha dichiarato Saviano.

“Le organizzazioni o chi ti tocca sa che l’attenzione è istantanea, quindi la solidarietà arriva, ma tanto poi i processi durano vent’anni, tanto poi nel tempo resti tu e le minacce, resti tu, singolo operatore dell’informazione e i guai economici in cui sei finito”, aggiunge.

Non lasciate solo chi racconta, fate pressioni affinché l’Italia approvi la legge sulle querele temerarie. La sentenza sul boss che ha minacciato la mia vita e compromesso la mia esistenza è arrivata dopo diciassette anni di processo. Questo è importante per capire che le organizzazioni criminali sanno che pagheranno le conseguenze delle loro minacce solo dopo decenni. Chi ha messo la bomba nell’auto di Ranucci sa che la sua sentenza arriverà, se arriverà, tra dieci anni”.

#LibertàDiInformazione #QuereleTemerarie #DaphneCaruanaGalizia #SavianoStrasburgo #SigfridoRanucci #GiornalismoSottoAttacco


Scopri di più da eu24news

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.