Bruxelles (eu24news) – Nel cuore di un’epoca segnata da sfide geopolitiche sempre più complesse, l’Europa si trova davanti a una realtà che fino a pochi anni fa sembrava inverosimile: prepararsi a garantire la propria sicurezza senza contare in modo automatico sul sostegno militare degli Stati Uniti. A sottolinearlo con chiarezza sono stati due influenti analisti del Royal United Services Institute (RUSI), Justin Bronk e Jack Watling, in un recente rapporto che ha già attirato l’attenzione di vari centri decisionali europei.
Il messaggio è diretto e inequivocabile: “Accelerare il degrado dei sistemi di difesa aerea integrati russi è fondamentale per consentire la sconfitta delle forze terrestri russe.” In altre parole, l’Europa non potrà più fare affidamento esclusivo sulla potenza militare statunitense per contrastare un’eventuale aggressione convenzionale russa. Dovrà essere in grado di rispondere in modo rapido, coordinato ed efficace.
Il panorama strategico si sta ridefinendo. Mentre gli Stati Uniti spostano progressivamente il loro focus verso l’Indo-Pacifico — area ritenuta cruciale per contenere l’ascesa cinese e difendere Taiwan — l’Europa si ritrova con l’onere crescente di sostenere la propria sicurezza nel teatro euro-atlantico.
Questo mutamento è alimentato anche da una crescente fatica delle forze armate statunitensi, già sottoposte a pressioni logistiche e operative a livello globale. Allo stesso tempo, le tensioni transatlantiche e le divergenze politiche interne alla NATO stanno sollevando interrogativi sulla tenuta dell’alleanza in caso di una crisi su larga scala nel continente europeo.
Ma cosa significa, concretamente, prepararsi a “battere la difesa aerea russa”? Significa sviluppare capacità autonome e credibili per neutralizzare i sofisticati sistemi anti-aerei russi — un pilastro della strategia difensiva di Mosca. Questi sistemi, come l’S-400, rappresentano una seria minaccia per ogni forza aerea occidentale e rendono estremamente rischiose le operazioni in prossimità dei confini russi.
Per riuscirci, sarà necessario un massiccio investimento in tecnologie avanzate, capacità di guerra elettronica, intelligence, droni e missili a lungo raggio. Ma non solo: servirà una vera integrazione tra le forze armate europee, che oggi operano ancora in maniera frammentata, con sistemi non sempre compatibili e dottrine operative differenti.
Il dibattito sull’autonomia strategica europea — un tempo relegato a convegni e documenti teorici — è oggi una questione urgente e pratica. Alcuni Paesi, come la Francia, da tempo spingono per una maggiore indipendenza militare dell’Europa, mentre altri, come la Germania, hanno tradizionalmente preferito restare sotto l’ombrello protettivo statunitense.
Ora, però, il contesto è cambiato. L’Europa deve affrontare una scelta storica: restare vulnerabile o dotarsi di una difesa credibile e autonoma, capace di dissuadere la Russia da qualsiasi tentazione aggressiva.
Non si tratta di abbandonare la NATO, ma di rafforzarla con un pilastro europeo più solido. L’analisi del RUSI è un campanello d’allarme: la deterrenza convenzionale non può più dipendere solo da Washington. Se l’Europa vuole davvero essere protagonista nel nuovo ordine mondiale, deve iniziare a comportarsi come tale, a partire dalla sua sicurezza.
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