Bruxelles – La lotta alla disinformazione resta una priorità per l’Unione Europea, come sottolineato dall’eurodeputata di Renew Europe, Veronika Cifrová Ostrihoňová, in una recente interrogazione alla Commissione Europea. “Il fact-checking riduce la credenza nella disinformazione, mentre l’etichettatura dei post sui social limita la loro diffusione e credibilità”, ha dichiarato l’eurodeputata, chiedendo chiarimenti sugli strumenti Ue per contrastare il fenomeno.
La risposta è arrivata da Henna Virkkunen, membro della Commissione von der Leyen, che ha posto l’accento sul Digital Services Act (DSA). Questo regolamento obbliga le grandi piattaforme online (VLOP) e i motori di ricerca (VLOSE) a valutare i rischi dei loro servizi e ad adottare misure per mitigarli, tutelando al contempo i diritti fondamentali, come la libertà di espressione sancita dalla Carta Ue. “Il DSA non impone il fact-checking come obbligo specifico – ha precisato Virkkunen – ma richiede misure ragionevoli, proporzionate ed efficaci, che possono includerlo, in base ai rischi sistemici individuati”.
La strategia europea, dunque, lascia flessibilità alle piattaforme, che devono adattare le proprie azioni al contesto, bilanciando contrasto alla disinformazione e rispetto delle libertà degli utenti. Un approccio che, secondo gli esperti, punta a responsabilizzare i giganti del web senza imporre soluzioni univoche, ma che continua a stimolare il dibattito sull’efficacia degli strumenti attuali contro la diffusione delle fake news.
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