BRUXELLES – C’è il via libera da parte degli Stati membri dell’Unione europea alla riduzione dello status di protezione del lupo – proposta che era stata avanzata dalla Commissione UE lo scorso 20 dicembre – per garantire maggiore flessibilità ai Paesi nell’affrontare i casi più difficili di coabitazione fra lupi e persone.
L’okay per ora arriva dal Coreper – Comitato dei rappresentanti permanenti dei 27 Stati UE – che ha approvato, a maggioranza qualificata (con 2 contrari e 4 astenuti), il passaggio della specie da “strettamente protetta” a “protetta”. L’ufficializzazione della decisione dovrebbe avvenire già domani (26 settembre) al Consiglio Competitività dell’UE.
Ma qual è la differenza fra una specie “strettamente protetta” e una “protetta”?
Le specie rigorosamente protette, poiché più difficili da conservare, sono quelle che necessitano maggiori attenzioni e misure straordinarie, quali il divieto assoluto di cattura, di possesso o uccisione, nonché di altre forme di disturbo e interferenza da parte dell’uomo. Questa categoria, che rappresenta il massimo livello di tutela possibile, è inclusa nell’appendice II della Convenzione di Berna e negli allegati II e IV della Direttiva Habitat, lo strumento europeo attuativo della Convenzione.
Dato il recupero numerico della specie, che oggi conta più di 20 mila esemplari, e data la decisione odierna, il lupo passerà invece nella seconda categoria, quella solamente “protetta”, che fornisce ai singoli Stati membri una maggiore flessibilità nella gestione dell’animale. Questo non godrà più del regime di protezione rigoroso che ne vietava l’uccisione – premesso che esistevano già delle deroghe in casi eccezionali – permettendo quindi, laddove ritenuto necessario a livello nazionale, di procedere con azioni più dure. Nonostante il declassamento, si parla comunque di una direttiva europea, quindi resta salva la possibilità per gli Stati membri di mantenere, a loro discrezione, una disciplina più forte.
FI, Lega e FdI d’accordo con la decisione del Coreper
La decisione odierna dei rappresentanti permanenti è “un’importante svolta nell’affrontare il forte aumento delle popolazioni di lupi, che rappresentano una minaccia crescente per l’agricoltura pastorale, il turismo e le comunità rurali in tutta Europa”, afferma l’eurodeputato di Forza Italia e portavoce del Partito popolare europeo (Ppe) nella commissione parlamentare per l’Agricoltura, Herbert Dorfmann.
In accordo con lui, anche l’eurodeputato e capodelegazione della Lega al Parlamento europeo, Paolo Borchia, che ribadisce la necessita di “riportare il numero di lupi a livelli sostenibili, tenendo conto delle esigenze del territorio e delle comunità locali. Finalmente l’Ue prende atto della reale consistenza dei branchi, su cui la Lega richiamava l’attenzione di Bruxelles da molto tempo. Continueremo a impegnarci affinché vengano adottate misure concrete, e non ideologiche come qualcuno vorrebbe, per garantire la sicurezza degli agricoltori e la convivenza con la fauna selvatica”.
Anche Elena Donazzan, eurodeputata di Fratelli d’Italia ha accolto “con soddisfazione questo importante passo, che dimostra la bontà e la coerenza dell’azione intrapresa nei giorni scorsi per favorire una maggiore tutela degli abitanti e delle attività economiche” in zone di montagna, in cui i lavoratori “non sono di serie B”.
Cosa dice il Wwf?
“Il voto favorevole dell’Italia – alla proposta della Commissione UE di declassazione del lupo – conferma la sua posizione anacronistica ed ideologica sulla protezione della biodiversità in Europa e in Italia“, scrive il Wwf in una nota. Si tratta di “una decisione gravissima, che apre pericolosamente la porta agli abbattimenti del lupo in Europa e ignora l’appello di oltre 300 organizzazioni della società civile e di centinaia di migliaia di persone che hanno esortato i governi a seguire le raccomandazioni della scienza e a intensificare gli sforzi per favorire la coesistenza con i grandi carnivori attraverso misure preventive. La scienza dimostra che il recupero del lupo è ancora un processo in corso, e gli obiettivi chiave della Convenzione di Berna e della Direttiva Habitat non sono ancora stati raggiunti”.
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