Roma – I giudici del Tribunale di Roma hanno sospeso la convalida dei trattenimenti dei sette migranti diretti verso il centro albanese di Gjader chiedendo alla Corte di Giustizia Europea di esprimersi sul caso. Il Tribunale di Roma, infatti, ha disposto la sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento di trattenimento in attesa della decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sui quesiti pregiudiziali riguardanti la designazione dei paesi di origine sicura da parte del D.L. n. 158/2024. La pronuncia segue le precedenti del Tribunale di Bologna e del Tribunale di Catania, obbligando le autorità a far rientrare sul territorio italiano i migranti trasportati in Albania.
Nel provvedimento di sospensione, i giudici del tribunale civile di Roma indicano che “i criteri per la designazione di uno Stato come Paese di origine sicuro sono stabiliti dal diritto dell’Unione europea. Pertanto, ferme le prerogative del legislatore nazionale, il giudice ha il dovere di verificare sempre e in concreto – come in qualunque altro settore dell’ordinamento – la corretta applicazione del diritto dell’Unione, che, notoriamente, prevale sulla legge nazionale ove con esso incompatibile, come previsto anche dalla Costituzione italiana”.
I sette migranti rispondevano tutti ai requisiti necessari al trasferimento in Albania: uomini, maggiorenni, non accompagnati da familiari e, soprattutto, provenienti da paesi considerati sicuri. Per questi, secondo le indicazioni del Decreto Cutro, è prevista una procedura accelerata di esame della loro richiesta di asilo, che ne accorcia notevolmente i tempi e rende la pronuncia della commissione territoriale applicabile anche in caso di ricorso da parte del richiedente.
Il nodo della questione è l’individuazione di un paese come “sicuro” o meno: con il decreto 158/2024 era stato il Governo stesso ad individuare quali Paesi fossero considerati sicuri, mentre secondo i giudici continua a prevalere il diritto dell’Unione europea, il quale segue la disciplina della direttiva europea n.32 del 2013 per cui la “sicurezza” del Paese di rimpatrio va verificata perla sua integrità.
Le reazioni non si sono fatte attendere: il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, oltre che vicepremier, Matteo Salvini, in un comizio in Emilia Romagna, ha detto di essere convinto che “Nessuno mi toglie l’idea che quelle sentenze servano alle cooperative rosse per fare soldi sulla pelle di questa gente” e che “è arrivato il momento di approvare la separazione delle carriere e la responsabilità civile personale dei giudici che sbagliano, ma pagando di tasca propria”.
Per il Ministro degli Esteri Tajani, invece, “ci sono alcuni magistrati che stanno cercando di imporre la loro linea politica al governo. Questo non è veramente accettabile. Non è un magistrato – conclude – che decide qual è il Paese sicuro, perché non lo sa, non si occupa di queste cose”.